ERRARE HUMANUM EST: LE ILLUSIONI OTTICHE E LE NEUROSCIENZE RISPONDONO

INTRODUZIONE

Nel viaggio della continua evoluzione, gli errori, dovrebbero essere considerati come alleati di una logica costruttiva, traendo, da essi, preziose lezioni.

Esaminiamo come sia possibile per le persone e le organizzazioni riconfigurare la percezione degli errori, trasformandoli da fonti di frustrazione in catalizzatori di innovazione e sviluppo, attingendo, ad esempio, dalle neuroscienze.

TRA INTUIZIONE E ANALISI CRITICA: LA DUALITÀ DEL PROCESSO DECISIONALE

L’origine degli errori è nel processo decisionale, ovvero scelte che chiedono un costante bilanciamento tra intuizione e analisi critica.

Spesso sono i bias cognitiviautomatismi mentali dai quali si generano credenze e da cui si traggono decisioni veloci che impattano, nella quotidianità, non solo su decisioni e comportamenti ma anche sui processi di pensiero che interferiscono nella dualità tra intuizione e analisi razionale.

Le decisioni allora diventano automatiche perché basate e influenzate da esperienze passate.

La sfida è creare ambienti che favoriscano una riflessione senza distorsioni, supportando un processo decisionale che abbia origine da una mentalità aperta che valuti diverse prospettive e consideri tutte le informazioni disponibili, trasformando così il processo decisionale in un’opportunità di crescita e apprendimento dove la dualità tra intuizione e analisi si possa esprimere più autenticamente.

 

ERRORI E ILLUSIONI OTTICHE: COME PERCEPIAMO LA REALTÀ

Un modo in cui interpretare gli errori ci viene offerta dallo studio delle illusioni ottiche, in particolare dall’esempio del quadrato di grigio. Questa illusione, ampiamente studiata da psicologi della percezione come Edward H. Adelson, mette in luce come il nostro cervello elabori le informazioni visive in modo che la percezione del colore possa essere drasticamente influenzata dal contesto circostante.

Nell’illusione del “checker shadow”, per esempio, due caselle di un damier, una in ombra e l’altra no, appaiono di tonalità diverse nonostante siano effettivamente dello stesso colore grigio. Questo accade perché il nostro sistema visivo interpreta le caselle tenendo conto della loro relativa luminosità all’interno del contesto, dimostrando così la nostra tendenza a fare “inferenze inconsce” per decodificare la realtà visiva. (Clicca sul link e guarda il video dimostrativo)

Il motivo per cui il nostro cervello compie queste sorprendenti elaborazioni visive risiede nella sua costante ricerca di coerenza e significato nell’ambiente che ci circonda. Di fronte a informazioni ambigue o incomplete, il cervello fa del suo meglio per “riempire i vuoti”, spesso basandosi su presupposti derivati da esperienze passate o dal contesto immediato. Il lavoro di Adelson e di altri studiosi in questo campo sottolinea non solo la complessità della nostra percezione visiva ma anche come la nostra interpretazione della realtà possa essere facilmente influenzata da fattori esterni.

È già chiaro il potente parallelismo con il modo in cui affrontiamo il processo decisionale nella nostra vita e nel nostro lavoro.

Proprio come il cervello può essere tratto in inganno da un’illusione visiva, così le nostre decisioni e giudizi possono essere distorti da pregiudizi cognitivi, esperienze passate o il contesto in cui ci troviamo.

 

Riconoscere questa tendenza alla “percezione selettiva” è il primo passo per sviluppare una maggiore consapevolezza e capacità critica indispensabili per apprendere da un errore generato da una decisione che ci sembrava, tuttavia, opportuna.

 

DA OSTACOLI A OPPORTUNITÀ: APPRENDERE DAGLI ERRORI

La percezione e la gestione degli errori all’interno delle organizzazioni sono fortemente influenzate dalla cultura aziendale.

Un ambiente che interpreta l’errore come una preziosa occasione di apprendimento incoraggia la sperimentazione, la resilienza e l’innovazione.

La chiave sta nel promuovere una cultura che tollera gli errori e li vede come parte integrante del processo di apprendimento e crescita.

Occorre anche incoraggiare la condivisione aperta degli errori e l’analisi collettiva delle loro cause, al fine di trarne insegnamenti utili per il futuro.

Questo approccio non solo facilita il miglioramento continuo ma contribuisce anche a creare un senso di fiducia, appartenenza e coesione tra i membri del team, fondamentali per un ambiente lavorativo stimolante e produttivo.

 

LE RADICI DELL’AVVERSIONE AL RISCHIO

Dalla parte opposta di quanto detto fino ad ora troviamo l’avversione al rischio, strettamente legata alla paura di commettere errori perché commettere errori significa essere esposti al giudizio.

Questa situazione vincola negativamente l’originalità e l’assunzione di rischi.

In letteratura è stato ampiamente dimostrato che le risposte cerebrali alla paura sono le 3F:

  1. FLY(Scappare)
  2. FIGHT(Combattere)
  3. FREEZE(Congelarsi)

A scuola, ad esempio, i nostri insegnanti ci hanno sempre incoraggiato a superare i test commettendo il minor numero di errori possibile piuttosto che cercare soluzioni personali o frutto di ragionamenti condivisi potendo, evidentemente, contemplare degli errori.

Gerd Gigerenzer, psicologo tedesco, parla di una “cultura dell’errore”, in cui sia possibile ammettere apertamente di avere sbagliato, così da imparare dai propri errori essendone quindi consapevoli.

Potremmo a questo punto imparare da coloro che, soprattutto nel mondo imprenditoriale, sono molto più avanti nell’attribuire valore agli errori.

Un esempio è la cultura americana, caratterizzata da una naturale inclinazione verso un processo di tentativi ed errori, dove lo sbaglio non è visto come motivo di vergogna.

È noto infatti che nei grandi centri di innovazione americani, come la Silicon Valley, l’errore è percepito come qualcosa di ordinario e normale, da cui però, senza sottovalutarlo, è necessario imparare, elaborare e migliorare.

In questo contesto, il fallimento di un progetto non viene percepito come un’onta indelebile, ma come un punto di forza (e di esperienza) dal quale ripartire mettendo a disposizione di quella dualità del processo decisionale tutta l’energia necessaria per trovare una nuova decisione da prendere.

Chissà che non sia proprio questa consapevolezza del valore dell’errore uno dei “segreti” che rende la Silicon Valley uno dei centri di riferimento globale per l’alta tecnologia e l’innovazione

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