Il desiderio di aggiungere

Il desiderio di aggiungere

Stiamo muovendo i nostri passi su un cammino nuovo, dettato dai tracciati che il lavoro ibrido ha disegnato sul terreno.

Il desiderio di aggiungere è più forte che mai.

Il cammino delle aziende oggi ha i contorni e le forme intensamente e profondamente umani.

Lungo la strada le emozioni, i vissuti, le opinioni di tutte le persone occupano sempre più spazio, potremmo dire che costituiscono l’essenza stessa dell’ambiente che ci circonda.

Abbiamo a lungo parlato della visione, come ciò che ci guida e ci spinge ad intraprendere passi futuri. Ma la visione del futuro si costruisce proprio grazie ad una profonda connessione al sistema e alle persone, le cellule di cui il sistema è fatto.

La visione è possibile se uno sguardo, o meglio, tanti sguardi, sono proiettati in avanti, se è forte la capacità di sentire, di guardare dentro la complessità del sistema e di pensare radiale; di stimolare il nostro mindset ad apprendere nella forma di mappa mentale, anziché in un binomio causa effetto, imparando a stare nella complessità, la stessa che contraddistingue le più belle tessiture e i dipinti più meravigliosi.

Di cosa è fatta questa complessità, questo desiderio di aggiungere?

Che cosa succede oggi?

Corriamo verso l’innovazione tecnologica, corriamo per ridurre il time-to-market, corriamo per intuire i nuovi bisogni di un mondo sempre più flessibile, dinamico, instabile.

I contesti sono sempre più competitivi, i prodotti cambiano più velocemente di quanto non si impiega ad affinarli, cresce la competitività, mutano le esigenze delle persone di giorno in giorno, poiché lo stesso ambiente intorno a loro si trasforma ad una velocità mai vista.

Io cliente cosa desidero davvero? Di cosa ho bisogno?

Cerco un servizio che non solo mi serva ma sia in risonanza con chi sono.

È chiaro che non basta avere gli strumenti per sviluppare un progetto tecnicamente perfetto, oggi i prodotti più venduti rispecchiano i nostri valori, la visione di chi vogliamo essere.

Servono nuove competenze, serve aprire lo sguardo e orientarsi a un ascolto davvero profondo, per cogliere dal terreno anche i segnali più sottili.

Questo quadro è lo stesso anche per la funzione commerciale delle aziende, per chi diffonde e propone servizi sul mercato.

Un quadro che potrebbe essere dipinto dal Botticelli, o dal grande Leonardo da Vinci.

LE BOTTEGHE FIORENTINE E L’ORIENTAMENTO ALLA SCOPERTA

La stessa rivoluzione di oggi ha radici nel passato e nella storia dell’arte.

Per vederla entriamo tra i colori e i pennelli di due botteghe pittoriche italiane.

Nel 1400 Firenze era la culla di due delle più importanti botteghe artistiche, diverse nello stile e nell’approccio: quella di Domenico Ghirlandaio e di Andrea Verrocchio.

Il Ghirlandaio vantava opere caratterizzate da una ricchezza di armonia e di dettaglio ammaliante per la borghesia dei tempi. La sua arte era connotata da sfumature di perfezione, grazie ad una tecnica e un’accuratezza ineccepibili. In effetti la precisione, nella riproduzione, era il più grosso vanto della bottega; vanto con cui sapeva attirare la ricca borghesia, con la promessa sempre esaudita, di poter riprodurre fedelmente la realtà.

Il Verrocchio era, anch’esso, riconosciuto per l’incredibile armonia compositiva e per la fedeltà con la quale sapeva riportare anche i particolari più fini, ma lo sguardo del pittore e dei suoi allievi si apriva a molto altro.

La bottega era un luogo di scambio, di confronto e di cultura. Il maestro mirava ad accogliere realtà diverse, scoprire nuovi saperi anche abbastanza lontani dal mondo della pittura; raccoglieva con passione una costellazione di molteplici punti di vista, circondandosi di esperti di qualsiasi mestiere e disciplina per la passione della scoperta e del nuovo.

Tra i pittori di questa bottega ricordiamo Da Vinci, Perugino e Botticelli, artisti che amavano osservare, imparare, ed erano appassionati ad ogni forma di conoscenza.

Tutti conosciamo la bellissima primavera di Botticelli, ma in pochi sappiamo che la varietà di piante che decorano la scena non sarebbe stata dipinta senza che anche un botanico prestasse la sua conoscenza al pittore.

 

Parliamo dell’espansione continua della propria rappresentazione del mondo, della volontà di spingersi oltre e di ascoltare davvero ogni segnale.

La riproduzione tecnica oggi non basta più, oggi non basta rendere il visibile, ma bisogna rendere VISIBILE.

Così faceva la bottega del Verrocchio che non si limitava ad un disegno funzionale alle richieste del committente, era autrice di un’opera autonoma frutto di una formazione dei pittori non solo professionale, ma culturale a tutto tondo.

Il Verrocchio non chiedeva ai suoi allievi di riprodurre fedelmente la realtà, piuttosto faceva crescere il loro il desiderio di Aggiungere.

Grazie alla Bottega del verrocchio l’arte del 400 si rivoluziona, l’artista non è più solo un grande esecutore, capace di garantire un elevato livello di qualità, con un terreno prescritto, uno spazio discrezionale. L’artista passa da essere «artefice», quindi artigiano, a vestire i panni di «intellettuale» e quindi creatore di quello che fa.

Tutto questo fu possibile grazie ad una mentalità generativa e non esecutiva unita ad un forte interesse e contatto con gli stili di vita e le scoperte dell’epoca.

È proprio in questa cultura e in questa scuola di pensiero che cresce Leonardo da Vinci. Per noi un grande esempio, cui ogni commerciale può fare riferimento.

LEONARDO DA VINCI: LA VERITA SUL SUO QUADRO “SBAGLIATO”

Da che punto guardi il mondo, tutto dipende” 

Jarabe de Palo 

Ad oggi, le aziende più forti sul mercato veicolano un messaggio inserito in una profonda corrente valoriale. Il cosa fanno è intrisecamente legato al perché. Ma non solo… Sanno immedesimarsi, con cura e attenzione, nel cliente e comprendere in che modo quest’ultimo possa sentirsi rappresentato dal servizio o dal prodotto che acquista. 

Mettono davvero le persone al centro. 

Ecco… “Mettersi nei panni dell’altro” è esattamente ciò che nel 1400 il grande artista Leonardo Da Vinci fece, nell’opera L’ANNUNCIAZIONE. Dipinto, posto, fin dal primo momento, all’occhio della critica, che lo ha definito un errore di gioventù, ma come mai? Osservando la vergine si nota che il braccio destro è evidentemente più lungo del sinistro, le gambe sono più corte rispetto all’altezza del busto.

Eppure, un errore del genere da parte di Leonardo non se lo aspetterebbe nessuno.

Uno dei massimi esperti di Leonardo Da Vinci, Carlo Pedretti ci porta una visione differente: l’errore di prospettiva è in realtà voluto.

Se osserviamo l’Annunciazione da una posizione laterale a destra, la sproporzione non è più visibile, anzi, il disegno risulta perfettamente armonico.

Ciò accade per effetto dell’anamorfismo, fenomeno ottico per cui un’immagine viene proiettata sul piano in modo distorto, rendendo le figure originali riconoscibili solamente se il quadro viene osservato secondo certe condizioni.

In effetti è molto probabile che la destinazione dell’opera fosse, una parete, o l’interno di un mobile semichiuso, che sarebbe stato prevalentemente guardato da destra.

Come visionario, artista, inventore, Leonardo ha studiato con accuratezza e precisione il modo in cui l’osservatore avrebbe percepito l’opera, senza dimenticare la stanza nel quale sarebbe poi stato collocato.

Un occhio attento al prodotto, al servizio, e a come comunicarlo, non può che essere d’ispirazione alle grandi aziende di oggi, che prima di creare, costruire e modificare, devono saper guardare, ascoltare e connettersi profondamente al sistema.

Ecco un esempio di come mettere davvero la persona, l’osservatore, il cliente, al centro.

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