• Il desiderio di aggiungere

    Il desiderio di aggiungere

    Stiamo muovendo i nostri passi su un cammino nuovo, dettato dai tracciati che il lavoro ibrido ha disegnato sul terreno.

    Il desiderio di aggiungere è più forte che mai.

    Il cammino delle aziende oggi ha i contorni e le forme intensamente e profondamente umani.

    Lungo la strada le emozioni, i vissuti, le opinioni di tutte le persone occupano sempre più spazio, potremmo dire che costituiscono l’essenza stessa dell’ambiente che ci circonda.

    Abbiamo a lungo parlato della visione, come ciò che ci guida e ci spinge ad intraprendere passi futuri. Ma la visione del futuro si costruisce proprio grazie ad una profonda connessione al sistema e alle persone, le cellule di cui il sistema è fatto.

    La visione è possibile se uno sguardo, o meglio, tanti sguardi, sono proiettati in avanti, se è forte la capacità di sentire, di guardare dentro la complessità del sistema e di pensare radiale; di stimolare il nostro mindset ad apprendere nella forma di mappa mentale, anziché in un binomio causa effetto, imparando a stare nella complessità, la stessa che contraddistingue le più belle tessiture e i dipinti più meravigliosi.

    Di cosa è fatta questa complessità, questo desiderio di aggiungere?

    Che cosa succede oggi?

    Corriamo verso l’innovazione tecnologica, corriamo per ridurre il time-to-market, corriamo per intuire i nuovi bisogni di un mondo sempre più flessibile, dinamico, instabile.

    I contesti sono sempre più competitivi, i prodotti cambiano più velocemente di quanto non si impiega ad affinarli, cresce la competitività, mutano le esigenze delle persone di giorno in giorno, poiché lo stesso ambiente intorno a loro si trasforma ad una velocità mai vista.

    Io cliente cosa desidero davvero? Di cosa ho bisogno?

    Cerco un servizio che non solo mi serva ma sia in risonanza con chi sono.

    È chiaro che non basta avere gli strumenti per sviluppare un progetto tecnicamente perfetto, oggi i prodotti più venduti rispecchiano i nostri valori, la visione di chi vogliamo essere.

    Servono nuove competenze, serve aprire lo sguardo e orientarsi a un ascolto davvero profondo, per cogliere dal terreno anche i segnali più sottili.

    Questo quadro è lo stesso anche per la funzione commerciale delle aziende, per chi diffonde e propone servizi sul mercato.

    Un quadro che potrebbe essere dipinto dal Botticelli, o dal grande Leonardo da Vinci.

    LE BOTTEGHE FIORENTINE E L’ORIENTAMENTO ALLA SCOPERTA

    La stessa rivoluzione di oggi ha radici nel passato e nella storia dell’arte.

    Per vederla entriamo tra i colori e i pennelli di due botteghe pittoriche italiane.

    Nel 1400 Firenze era la culla di due delle più importanti botteghe artistiche, diverse nello stile e nell’approccio: quella di Domenico Ghirlandaio e di Andrea Verrocchio.

    Il Ghirlandaio vantava opere caratterizzate da una ricchezza di armonia e di dettaglio ammaliante per la borghesia dei tempi. La sua arte era connotata da sfumature di perfezione, grazie ad una tecnica e un’accuratezza ineccepibili. In effetti la precisione, nella riproduzione, era il più grosso vanto della bottega; vanto con cui sapeva attirare la ricca borghesia, con la promessa sempre esaudita, di poter riprodurre fedelmente la realtà.

    Il Verrocchio era, anch’esso, riconosciuto per l’incredibile armonia compositiva e per la fedeltà con la quale sapeva riportare anche i particolari più fini, ma lo sguardo del pittore e dei suoi allievi si apriva a molto altro.

    La bottega era un luogo di scambio, di confronto e di cultura. Il maestro mirava ad accogliere realtà diverse, scoprire nuovi saperi anche abbastanza lontani dal mondo della pittura; raccoglieva con passione una costellazione di molteplici punti di vista, circondandosi di esperti di qualsiasi mestiere e disciplina per la passione della scoperta e del nuovo.

    Tra i pittori di questa bottega ricordiamo Da Vinci, Perugino e Botticelli, artisti che amavano osservare, imparare, ed erano appassionati ad ogni forma di conoscenza.

    Tutti conosciamo la bellissima primavera di Botticelli, ma in pochi sappiamo che la varietà di piante che decorano la scena non sarebbe stata dipinta senza che anche un botanico prestasse la sua conoscenza al pittore.

     

    Parliamo dell’espansione continua della propria rappresentazione del mondo, della volontà di spingersi oltre e di ascoltare davvero ogni segnale.

    La riproduzione tecnica oggi non basta più, oggi non basta rendere il visibile, ma bisogna rendere VISIBILE.

    Così faceva la bottega del Verrocchio che non si limitava ad un disegno funzionale alle richieste del committente, era autrice di un’opera autonoma frutto di una formazione dei pittori non solo professionale, ma culturale a tutto tondo.

    Il Verrocchio non chiedeva ai suoi allievi di riprodurre fedelmente la realtà, piuttosto faceva crescere il loro il desiderio di Aggiungere.

    Grazie alla Bottega del verrocchio l’arte del 400 si rivoluziona, l’artista non è più solo un grande esecutore, capace di garantire un elevato livello di qualità, con un terreno prescritto, uno spazio discrezionale. L’artista passa da essere «artefice», quindi artigiano, a vestire i panni di «intellettuale» e quindi creatore di quello che fa.

    Tutto questo fu possibile grazie ad una mentalità generativa e non esecutiva unita ad un forte interesse e contatto con gli stili di vita e le scoperte dell’epoca.

    È proprio in questa cultura e in questa scuola di pensiero che cresce Leonardo da Vinci. Per noi un grande esempio, cui ogni commerciale può fare riferimento.

    LEONARDO DA VINCI: LA VERITA SUL SUO QUADRO “SBAGLIATO”

    Da che punto guardi il mondo, tutto dipende” 

    Jarabe de Palo 

    Ad oggi, le aziende più forti sul mercato veicolano un messaggio inserito in una profonda corrente valoriale. Il cosa fanno è intrisecamente legato al perché. Ma non solo… Sanno immedesimarsi, con cura e attenzione, nel cliente e comprendere in che modo quest’ultimo possa sentirsi rappresentato dal servizio o dal prodotto che acquista. 

    Mettono davvero le persone al centro. 

    Ecco… “Mettersi nei panni dell’altro” è esattamente ciò che nel 1400 il grande artista Leonardo Da Vinci fece, nell’opera L’ANNUNCIAZIONE. Dipinto, posto, fin dal primo momento, all’occhio della critica, che lo ha definito un errore di gioventù, ma come mai? Osservando la vergine si nota che il braccio destro è evidentemente più lungo del sinistro, le gambe sono più corte rispetto all’altezza del busto.

    Eppure, un errore del genere da parte di Leonardo non se lo aspetterebbe nessuno.

    Uno dei massimi esperti di Leonardo Da Vinci, Carlo Pedretti ci porta una visione differente: l’errore di prospettiva è in realtà voluto.

    Se osserviamo l’Annunciazione da una posizione laterale a destra, la sproporzione non è più visibile, anzi, il disegno risulta perfettamente armonico.

    Ciò accade per effetto dell’anamorfismo, fenomeno ottico per cui un’immagine viene proiettata sul piano in modo distorto, rendendo le figure originali riconoscibili solamente se il quadro viene osservato secondo certe condizioni.

    In effetti è molto probabile che la destinazione dell’opera fosse, una parete, o l’interno di un mobile semichiuso, che sarebbe stato prevalentemente guardato da destra.

    Come visionario, artista, inventore, Leonardo ha studiato con accuratezza e precisione il modo in cui l’osservatore avrebbe percepito l’opera, senza dimenticare la stanza nel quale sarebbe poi stato collocato.

    Un occhio attento al prodotto, al servizio, e a come comunicarlo, non può che essere d’ispirazione alle grandi aziende di oggi, che prima di creare, costruire e modificare, devono saper guardare, ascoltare e connettersi profondamente al sistema.

    Ecco un esempio di come mettere davvero la persona, l’osservatore, il cliente, al centro.

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  • Diversity & Inclusion

    Non di più, non di meno: parità di genere

    La parità di genere

    Sapevi che uno dei principali obiettivi per le aziende e le organizzazioni riguarda proprio l’aumento della presenza delle donne nel mondo del lavoro?

    Oggigiorno ci ritroviamo a vivere una società che viaggia veloce. Ci interfacciamo a differenti prospettive, coltivando l’inclusione e accedendo alla diversità come fertilizzante per il mondo.

    Nel panorama organizzativo, la compresenza di diversi generi è diventata fonte di arricchimento ad ogni livello aziendale e per ogni sua funzione. Ormai avere più “donne a bordo” dell’azienda è un valore dimostrato da più ricerche come prezioso, strategico e straordinariamente efficace.

    Avere una maggiore occupazione del femminile non è solo una questione di uguaglianza tra i sessi, è soprattutto una virtù che incide molto positivamente sul sistema produttivo e sul tessuto economico della nazione.

    A livello aziendale la presenza di donne al potere fa aumentare significativamente i profitti e a testimoniarlo è il Fondo Monetario internazionale.

    Le donne al potere: uno specchietto per le allodole

    La figura femminile rispetto al passato sembrerebbe ritrovarsi ad occupare posizioni molto più importanti. La sua presenza all’interno del Board è sicuramente aumentata, ma si può parlare di parità di genere?

    La presenza femminile rimane sempre circoscritta a posizioni meno dirigenziali di quelle occupate dagli uomini.

    Alcuni esperti ci parlano del percorso delle donne al potere utilizzando la metafora di una “TUBATURA FORATA”.

    Questa immagine spiega il fenomeno che evidenzia un numero di donne occupanti posizioni manageriali che va a ridursi notevolmente man a mano che si sale di gerarchia.

    Le posizioni apicali e il consiglio di direzione hanno una prevalenza decisamente più al maschile.

    Ma perché? Come si collocano le quote rosa in questa cornice?

    Un articolo sul diversity management di Irene Brusini riporta alcune importanti riflessioni tratte dalla tesi: “Rethinking political representation. A new measurement of gender equality in political representation in the EU” elaborata dall’ISTAT.

    Viene sottolineata un’interessante verità sulla parità di genere: oggi la rappresentanza di genere nella classe dirigente viene equiparata direttamente allo strumento che si utilizza per la sua misurazione: un numero; precisamente il numero di donne che ricoprono un ruolo di potere.

    Questo indice viene utilizzato per visualizzare il concetto stesso di pari rappresentanza nel pensiero comune.

    Eppure l’utilizzo di un numero pecca di unidimensionalità e influisce sulla nostra percezione.

    Il metodo quantitativo dagli anni 80 viene privilegiato perché favorisce gli studi sociali e le pratiche politiche, eppure ha grosse limitazioni tangibili:

    1. Un’eccessiva semplificazione può portare ad un’analisi superficiale di fenomeni complessi.
    2. Contrariamente alla narrazione comune che considera i metodi quantitativi come strumenti privi di bias, questi ultimi sono accompagnati da importanti implicazioni politiche. E lo vedremo tra poco.
    3.  Gli enti tendono a modulare strategicamente il proprio comportamento con l’obiettivo di ottenere punteggi più alti anziché concentrarsi sull’affrontare efficacemente le disparità e scegliere la persona veramente più adatta per un ruolo.

    Comprendere il fenomeno

    A volte questi indicatori portano a risposte “politiche” inadeguate e ad una mancanza di comprensione vera e profonda di questo fenomeno.

    Manca un’analisi più sostanziale, che non oscuri l’interrelazione tra sistemi di oppressione e un’osservazione più olistica del well-being.

    Spesso accade che l’equilibrio che si cerca di trovare tra i due generi, si perde durante il processo di selezione, in cui ci si ritrova ad assumere donne soltanto per raggiungere la soglia minima di quote rose imposte dal governo. Ecco che si torna sul dato qualitativo.

    Tale strumento, creato per far sì che entrambi i generi possano essere liberi di condurre una vita piena e soddisfacente al di là del lavoro, è stato utilizzato in maniera erronea: sempre di più le aziende hanno proteso alla quantità rispetto alla qualità.

    Questo atteggiamento, ha condotto, ovviamente, a confermare i pregiudizi già radicati nei confronti delle donne, che si ritrovano ad essere assunte per impieghi che magari non corrispondono alle loro competenze, ma soddisfano i requisiti per fare numero.

    L’ha detto anche Mario Draghi, in riferimento all’assunzione di donne per le cariche politiche: “Una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge: richiede che siano garantite parità di condizioni competitive tra generi. Altrimenti si incorre nel rischio che la scelta di delle candidate venga studiata a tavolino.”

    Sai perché accade ciò sulla parità di genere?

    Nel mondo organizzativo, permane ancora l’idea fuorviante che le donne siano meno focalizzate sul profitto e più sui valori sociali dell’attività aziendale.

     Come può, un aspetto così fondamentale, essere valutato come importante ma non essenziale?

    Molti studi evidenziano come la diversità di genere e dei valori che ogni individuo apporta all’interno delle aziende sia una fonte inesauribile di energia.

    In che modo la diversità/parità di genere può arricchire l’azienda?

    Abbiamo visto che un’alta presenza di donne al livello dirigenziale permette di generare maggior reddito operativo. Oltre questo c’è una correlazione positiva tra la presenza di dirigenti donne e l’incentivazione dei valori aziendali, la credenza e l’adesione ad una mission e vision aziendale, anche nel lungo periodo.

    Nell’analisi sulla parità di genere risulta oltremodo evidente poi il contributo umano e relazionale che può conferire a una realtà imprenditoriale una maggiore prevalenza di donne.

     Capacità di ascolto e di comunicazione, abilità di mediazione, accuratezza e scrupolosità, trasmissione di senso e di significato, cooperazione e gestione delle relazioni sono tutte caratteristiche preziose che appartengono di più per natura al genere femminile e che sono molto richieste in un sistema produttivo 4.0 di oggi.

    Anche questa volta vi rimandiamo a una riflessione profonda, a un’apertura di sguardo e a una presa di responsabilità.

    Per andare oltre i numeri; per una cura, un’attenzione, una sensibilizzazione più vera.

    Perché non c’è nulla di più bello che fare coincidere decisioni di valore e risultati di incredibile successo.

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  • Serve volare in alto

    Serve volare in alto per avere i piedi per terra

    Come usare la metafora artistica per rendere concreto il cambiamento in azienda

    Ogni nostra grande scoperta è guidata da un’insaziabile curiosità. Questa stessa curiosità ha portato Hermes ad ascoltare molte storie in questi 25 anni di attività, con grande ammirazione e trasporto. Si tratta delle tante narrazioni che l’arte ci racconta, in silenzio, ma con grande potenza.

    Attraverso l’arte possiamo guardare al domani, possiamo osservare tutte le strutturazioni di futuro possibile, per ispirare gli altri, per andare verso il migliore percorso.

    La metafora artistica ci permette di vedere oltre la proiezione del presente, guardando piuttosto a nuovi modi di agire, che mai avevamo messo in pratica prima.

    Perché l’arte ha un codice aperto e ci arriva dritta al cuore prima ancora di essere “letta”.

    Ci permette di partire da quello che le persone sentono nel profondo e di progettare con le persone strategie di cambiamento che siano radicate in questo sentire.

    Potrebbe sembrare paradossale ma per noi “serve volare in alto per avere i piedi per terra”; poiché fino a che non vengono riscoperti il sogno e il desiderio radicati nel nostro agire la scintilla del cambiamento non scatta.

    Abbiamo imparato che i progetti migliori e più riusciti non hanno solo un’accurata pianificazione e una struttura ben studiata; nascono dal sogno e hanno un’anima palpabile.

    La metafora artistica è il nostro modo per far leggere il futuro alle aziende, per ispirare con grandi storie, che ci raccontano il valore dell’unione e della condivisione, dell’integrità e dell’inclusione, della giustizia e della saggezza.

    Perchè l’arte ha questo potere?

    Ognuno ha in sé delle risorse da scoprire e un potenziale autorigenerativo in attesa di essere stimolato. L’arte svolge questa funzione e ci consente di credere nelle capacità nascoste in ognuno di noi.

    Può essere origine di grandi cambiamenti e può favorire la conoscenza di sé stessi e delle proprie potenzialità in ottica evolutiva. Questo potere si esplicita in particolar modo quando non si è in solitudine ma l’arte viene mediata dalla presenza dell’altro; dal dialogo e dalla relazione.

    Permette di dare un’identità precisa ai problemi che ci affliggono e di esprimersi grazie a uno strumento di confronto.

    Spesso ci consente di vedere in modo diverso le nostre difficoltà, di arrivare a un’intuizione, un insight, che ci rende prossimi al superamento degli ostacoli.

    Edith Kramer, pittrice e terapeuta, diceva che “l’opera d’arte è un contenitore di emozioni” e Vygotskij, uno dei padri della psicologia, parlava della creatività e dell’immaginazione come elementi necessari per una migliore conoscenza della realtà, poiché stimolano la ricerca di nuove soluzioni e aprono le porte al cambiamento.

    Per noi l’arte non è una fuga dalla realtà, anzi ci permette di incorniciarla, di conoscerla meglio, guardandola con nuovi occhi. Ci consente inoltre di esprimere concetti che rimarrebbero altrimenti celati e magari censurati, se utilizzassimo unicamente il canale verbale.

    L’arte ha anche un linguaggio a sé stante, polisegnico, che muove processi profondi e permette di lavorare sul proprio presente.

    La dimensione creativa dell’opera d’arte porta a superare i nostri blocchi e a porre sul tavolo i nostri vissuti insieme ai contenuti emotivi e cognitivi che ne fanno parte.

    L’arte per il management

    Noi portiamo chi guida le aziende a vivere esperienze a stretto contatto con la storia dell’arte. Chiamiamo questi momenti Outdoor Culturali.

    Qui le direzioni aziendali hanno uno spazio per guardare sé stesse nel profondo, riflettere sul loro scopo, sul vero purpose dell’organizzazione. Scoprono o riscoprono i valori autentici che fanno loro da stella polare e si lasciano ispirare, per poi convergere in un’unica-MENTE INSIEME, coesa, allineata e consapevole.

    Grazie agli stimoli che le metafore artistiche operano, i team di direzione:

    • ragionano sulle proprie dinamiche
    • arrivano a trovare un punto di convergenza e a superare il conflitto
    • reagiscono facendo un passo indietro rispetto a tanti comportamenti disfunzionali alla trasformazione e al cambiamento davvero sostenibile.

    Attraverso questo approccio si utilizza l’isomorfismo tra l’esperienza dell’azienda e la rappresentazione artistica, per aprire finestre e per produrre salti di pensiero più veloci. Le persone acquisiscono maggiore consapevolezza del proprio essere, del proprio agire e di dove vogliono giungere.

    Ecco perché negli anni abbiamo continuato a progettare nei luoghi d’arte, portando alle aziende esperienze artistiche che fossero isomorfe e rigenerative

    • Isomorfe, perché, come postula una teoria psicologica della Gestalt, “può esserci identità di forma fra esperienze e processi fisiologici sottostanti”. Quindi, guardando l’opera d’arte le persone possono effettivamente vedersi nella storia e sentirsi parte di essa.
    • Rigenerative, perché sono in grado di aprire porte e finestre in cui ognuno può allocarsi; permettono di generare “salti di intuizione” miracolosi.

    L’arte in Hermes è un punto di partenza per iniziare un lavoro che permetta il confronto e lo scambio di pensieri, al fine di sviluppare una visione comune del tema trattato.

    Dove i partecipanti che già da tempo lavorano insieme possono affrontare un’attività di profondo impatto emotivo, durante la quale è il gruppo stesso che si mette in gioco ed esplora le dinamiche al suo interno.

    Perché è importante “vedere e sentire” il risultato da raggiungere, e l’arte, le immagini, le emozioni, ci aiutano a rendere il sogno una splendida realtà.

    Se vuoi conoscere in modo più approfondito i nostri Outdoor Culturali e capire come utilizziamo la metafora artistica clicca qui.

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  • ConVision

    Contribuire alla creazione di una strategia sostenibile con la ConVision

    Molte ricerche internazionali ci mostrano che solo il 50% delle strategie disegnate dai Manager di grandi aziende europee arriva a realizzarsi e a perdurare poi nel tempo.

    Sembra che la vera ragione risieda nel fatto che non è davvero chiaro come concretizzarla, calandola nel contesto di applicazione.

    IRiS è un sistema formativo/metodologico ideato da Hermes Consulting, che vede l’azienda come un organismo vivente e utilizza questa visione per facilitare il raggiungimento del risultato che l’azienda si prefigge.

    Un risultato sostenibile che duri nel tempo avendo un impatto positivo sul futuro.

    La nostra strategia parte dal presupposto che sia impossibile arrivare al risultato desiderato se l’obiettivo non è stato colto da tutta la mente dell’organismo- azienda. Ecco perché per noi è fondamentale che ci sia un allineamento e un’adesione mentale profonda alla visione, da parte di tutto il cervello. Lo chiamiamo UNICA-MENTE INSIEME.

    L’Unica-Mente Insieme

    In azienda la mente è costituita dal “capo”, dall’amministratore delegato, e da tutte le persone che, di fatto, hanno il ruolo di guida nell’ azienda.
    Se questo gruppo non ha capito la direzione, non ha chiaro risultato o non è d’accordo con il suo raggiungimento, il cervello darà informazioni diverse alle mani e ai piedi, quindi l’organismo perderà coordinazione ed equilibrio solo dopo pochi passi.

    Però anche quando il risultato è stato immaginato e tutto il cervello concorda è necessario che le mani sappiano afferrare e che i piedi possano camminare per raggiungere la meta. Questo come è possibile?

    Gli arti devono necessariamente avere delle informazioni dal sistema neurologico e stabilire delle sinapsi, ovvero delle connessioni, in modo da informare ogni estremità del corpo sulla direzione da perseguire.

    Solo dopo aver riconnesso le parti, è possibile far calare le informazioni. Tutti gli snodi devono essere allineati e rispondere agli input della mente, altrimenti il messaggio non passerà.

    Noi chiamiamo ConVision lo spazio in cui questo avviene.

    Che cos’è la ConVision?

    Si tratta di creare uno spazio di condivisione in cui riunire l’intero Management dell’azienda, per generare un allineamento verso la direzione da perseguire, che possa portare ad una concretizzazione della Strategia Aziendale delineata. Vision e linee guida strategiche devono essere chiare, comunicate e integrate nelle azioni quotidiane, ricercando coerenza a tutti i livelli dell’Organizzazione.

    Nella ConVision ognuno è protagonista e può raccontarsi in un dialogo costruttivo con l’altro. Grazie a questo momento di confronto si rafforza ancora la coerenza di visione, di valori e di purpose. Vengono tracciati tutti i punti di intersezione dell’interno sistema.

    Si tratta di uno spazio generativo che permette la condivisione di esperienze comuni, emotive, relazionali, cognitive ed informative. Un momento per riconoscere che l’agire collettivo quotidiano è guidato da uno scopo condiviso, che rende l’azienda un luogo di appartenenza comune.

    Consiste nel garantire il collegamento efficacie tra persone e gruppi reali; far fluire l’informazione al sistema attraverso le connessioni, perché finché non si stabiliscono sinapsi e non si crea un dialogo generativo, le persone non comunicano davvero, non ricevono le informazioni dove e quando serve, e il cammino si arresta bruscamente.

    La ConVision come strumento

    La ConVision è uno strumento per avere un riscontro, per raccogliere spunti preziosi al fine di implementare la strategia; ma è anche un mezzo attraverso il quale le persone possono avere feedback concreti, per sapere come migliorarsi, come migliorare il gruppo e affinare i movimenti dell’organismo-azienda. Rappresenta, infatti, una Call to Action, perché ognuno è chiamato a contribuire attivamente e responsabilmente.

    La ConVision nasce dalla profonda convinzione che per raggiungere la meta è importante condividere a tutti i livelli dell‘Organizzazione il senso del viaggio, in modo che ognuno possa aggiungere un pezzo al puzzle che compone il risultato.

    Nelle ConVision si attiva la co-creazione, per specificare meglio la strategia, risolvere i problemi che la possono sabotare e realizzare obiettivi trasversali.

    Il grande scopo di questo momento è attivare il coinvolgimento di tutti attraverso alcuni passi che ci avvicinano ad un risultato.

    Perché la stessa ConVision ha un DNA sostenibile?
    • Perché raccoglie insieme tanti lavoratori dell’organizzazione e li chiama “partecipanti”, che a vario titolo contribuiscono all’ ideazione, alla progettazione e alla realizzazione del futuro.
    • È un contenitore di esperienze. Ogni lavoratore può trovare uno spazio per creare, per esprimere le proprie potenzialità e avere uno spazio di espressione.
    • È sostenibile perché vede l’azienda come un ecosistema interconnesso. l’azienda deve unire tutte le sue cellule per agire, e perché nasce sulla base di un purpose, uno scopo che trascende il risultato economico e che guarda il mondo in senso allargato, cercando di capire come rispondere a bisogni profondi.
    • Perché nasce con l’idea di costruire la strategia co-costruendo senso.
    • Progetta con le persone al centro e agisce in modo da trattare l’umanità delle persone sempre come fine e mai come mezzo.
    • Adotta un approccio improntato sul co-design e delinea l’organizzazione del futuro coinvolgendo l’intero organismo- azienda nel percorso.
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  • Cosa fare di fronte ai momenti di crisi

    Cosa fare di fronte ai momenti di crisi – il decalogo dell’azienda sana

    Veri e propri momenti di crisi, ecco le principali difficoltà che affrontano le aziende

    Le aziende e le persone nei momenti di profonda ed imprevista crisi, vedi quanto accaduto con la situazione pandemica che stiamo ancora attraversando, si trovano in difficoltà ad ottenere gli stessi risultati mantenendo semplicemente gli stessi comportamenti.

    Di fronte a questi momenti di crisi le aziende possono sperimentare una o più di queste principali difficoltà:

    1. CADUTA DELLA DOMANDA, ovvero RIDUZIONE DEI RICAVI (ordini, vendite).
    2. CADUTA DELLA PRODUZIONE, ovvero incapacità di produrre i beni/servizi da vendere oppure un AUMENTO DEI COSTI (di gestione, acquisto, inefficienze, ecc.).
    3. Percepiscono una CADUTA DELLA PRODUTTIVITA’, ovvero dell’efficienza di processi e persone con relativa RIDUZIONE DELLA MARGINALITA’

    Va sottolineato che ogni azienda sperimenta in modo differenziato queste 3 difficoltà e conseguentemente percepisce diversamente quale sia o siano le priorità su cui ha bisogno di intervenire e per questo motivo va ascoltata e guidata successivamente ad agire secondo le proprie priorità.

    Inoltre, in queste situazioni si crea uno stato di reazione che è caratterizzato da 3 elementi cruciali:

    1. Vi è una condizione/stato di CONFUSIONE, determinato dall’assenza di una chiara e lucida visione sul contesto, sul futuro e sui comportamenti adeguati da mettere in atto
    2. Vi è un generico SENSO DI URGENZA che li mette in ansia. Si ritiene di non aver tempo per pensare e valutare adeguatamente «tutti gli elementi»
    3. Avvertono la necessità di SOLUZIONI immediate magari con un avanzamento rapido. È indispensabile fare velocemente qualcosa… ma cosa?

    Reazioni ai momenti di crisi

    In questo contesto non sanno di cosa e chi fidarsi. Tendono dunque a reagire, con diversi gradi di intensità, tra 2 comportamenti opposti:

    • Rimanere «FROZEN», congelati, e non fare niente o ripetere meccanicamente quanto funzionava nel contesto precedente.
    • Entrare in IPERATTIVITA’ VUOTA, ovvero fare qualsiasi cosa senza la minima effettiva consapevolezza di un nuovo legame azione-risultato. Di fatto sprecando energie preziose e procurando ulteriore confusione.

    In entrambi i casi, il disorientamento porta a prediligere SOLUZIONI TANGIBILI, nell’illusione che tangibilità corrisponda ad efficacia.

    I bisogni a cui cercano risposta

    In sintesi le aziende e le persone che le guidano hanno dunque dei bisogni a cui cercano risposta che sono principalmente:

    1. Un MODELLO DI RIFERIMENTO semplice e condivisibile
    2. Una GUIDA «FIDATA», di cui hanno dunque fiducia ma che non li faccia sentire «incapaci» o «followers» quando invece preferiscono mostrarsi leaders.
    3. Strutturare un pensiero «A SCENARI» poiché in un mondo di incertezza il pensiero a procedure non può funzionare.
    4. Azioni CONCRETE, per percepire che si è attivi, anche solo per un movimento verso il positivo.
    5. Azioni FACILI*, perché nei momenti di emergenza non si riesce a dedicare energie ad apprendimenti complessi.
    6. Risultati RAPIDI ed EVIDENTI, per percepire che ciò che si fa porta veramente risultato.
    7. Soluzioni ACCETTABILI dal modello culturale del cliente, ovvero CONTIGUE! Nei momenti di emergenza, il carico di incertezza spesso non concede energie per sperimentare anche nuovi mindset

    * Facile è «ciò che si sa già fare abbastanza», Difficile è «ciò che non si sa ancora fare»

    Un modello di revisione che risponda ai bisogni nel breve

    Ora qualsiasi azienda, team o individuo ottiene i propri risultati attraverso l’interazione tra 3 PILASTRI originari:

    1. Dei MODELLI «organizzativi», ovvero il modo in cui il soggetto (azienda, team, individuo) organizza le idee/attività/…
    2. Le TECNOLOGIE o TECNICHE che usa per operare
    3. Le PERSONE che tali modelli e tecnologie usano.

    In una situazione di stabilità il MIX delle 3 componenti è probabilmente ben definito, testato, efficace ed efficiente. Ma in un contesto di repentino cambiamento il MIX consolidato si dimostra assolutamente inefficace ed inadeguato.

    Diventa necessario dunque attivare un PROCESSO DI REVISIONE che sia SNELLO, RAPIDO ma soprattutto a «A TUTTO TONDO» che rispetto ai 3 pilastri chiave e che metta a fuoco cosa può essere fatto in modo diverso per essere più efficaci. Si parte dall’analisi di cosa si faceva nella fase pre crisi e poi si immagina cosa potremmo fare e come potrebbe essere fatto in modo da delineare velocemente azioni da mettere a terra e verificare per riorientarsi con efficacia.

     

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  • Innovazione aziendale

    INNOVAZIONE AZIENDALE – Il ruolo fondamentale del Growth Mindset Leader

    Nel corso della sua carriera ventennale, la docente di psicologia della Stanford University, Carol Dweck, ha scoperto che una delle nostre convinzioni più radicate riguarda il modo in cui vediamo le abilità.

    Nello specifico, durante i suoi studi, la Dweck ha individuato due tipologie di mentalità funzionali anche per l’innovazione aziendale:

    La mentalità statica (“fixed mindset”).

    La mentalità dinamica (“growth mindset”).

    Perché ve ne parliamo?

    Perché nella nostra esperienza abbiamo visto che le persone e le aziende che sollecitano e agiscono con una mentalità dinamica generano sempre maggiore innovazione aziendale, al loro interno come nel Mercato in cui operano.

    L’avere una mentalità dinamica significa sapere che non si nasce innovatori ma che è una abilità e che può essere allenata e rafforzata.

    Pertanto in questa logica il sistema crea le condizioni perché ciò avvenga.

    Ma vediamo un attimo meglio come si caratterizza il Growth Mindset per l’innovazione aziendale:

    • Chi ha una mentalità dinamica è convinto che non esistano abilità innate e che una pratica costante sia l’unica strada per far fiorire il nostro reale potenziale.
    • Una persona/sistema con “growth mindset” accetta gli inevitabili fallimenti e li utilizza come alleati, come sprone per raddoppiare gli sforzi e come guida per correggere il tiro e provare nuove strategie e nuove strade.
    • Chi ha una mentalità dinamica crede nella “filosofia del duro lavoro” e considera il successo come la naturale conseguenza del proprio impegno.
    • L’obiettivo è stimolo e il successo non è la meta ma altro trampolino per il prossimo passo

    Questi punti creano le condizioni primarie per alimentare e sostenere processi di innovazione aziendale.

    E’ quindi importante che i ruoli di guida e manageriali di un’azienda che vuole fare innovazione aziendale o continuare a fare innovazione, abbiano loro stessi questo mindset e creino le condizioni per incentivarlo.

    Innovazione aziendale, il bisogno di un Growth Mindset Leader che:

    1. Abiliti la possibilità di sperimentare e la libertà di sbagliare:l’errore è parte integrante del processo di apprendimento”
    2. Condivida gli obiettivi con il proprio team: la nuova leadership non si basa più sull’autorità e sulla capacità di rispondere a obiettivi predefiniti. Gli obiettivi stessi si raggiungono con dinamiche di gruppo, tarandoli di volta in volta, in modo agile, a seconda delle situazioni che emergono durante il percorso
    3. Incoraggi i collaboratori a:
    • fare un’analisi accurata quando gli obiettivi non sono stati raggiunti
    • capire come agire in modo migliore e diverso in futuro
    • comprendere come hanno superato i dubbi e le sfide passate
    • interpretare come le esperienze passate possono essere applicate alle sfide attuali
    1. Faccia emergere le idee: crea spazi di ascolto per individuare le potenzialità dei collaboratori, valorizza e mantiene elevate le aspettative di ognuno di loro, aiutandoli a crescere professionalmente e favorendo la nascita di idee innovative
    2. Promuova una cultura del Discomfort: sviluppa piani di azione e di crescita per sè e per il team (esperienze nuove – formazione – nuovi progetti). Chiarisce e condivide le sfide che il team dovrà affrontare
    3. Crei spazi di riflessione in cui i membri del team possono far emergere le loro preoccupazioni sulle sfide in cui sono coinvolti e condividere liberamente le loro esperienze
    4. Monitori le azioni per divulgare una cultura del feedback continuo: l’attuazione e il monitoraggio del piano d’azione, permette di progredire nei progetti attraverso lo scambio continuo di feedback
    5. Racconti storie di successo e insuccesso, per condividere strategie e alimentare il senso di responsabilità e crescita condivisa
    6. Celebri i successi per condividere i progressi del team
    7.  Comunichi con l’esempio – Dimostrare tutti i giorni che la determinazione, l’apertura al cambiamento, la volontà di collaborare e crescere sono requisiti chiave per la crescita.
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  • perché è importante svelare il lato umano

    Business coaching: perché è importante svelare il lato umano delle aziende

    Motivazione e convizioni: elementi per un reale successo del coaching

    Il business coaching è un potente metodo di sviluppo che può aiutare i manager nella loro evoluzione sia umana che professionale.

    E’ un percorso per migliorare, dove la motivazione intrinseca ha un grande valore e gioca un ruolo chiave per il successo dello stesso.

    Ma come si genera e soprattutto come si alimenta questa motivazione intrinseca?

    Toccare le leve motivazionali giuste è molto importante, per far sì che il manager mantenga il focus e si attivi concretamente nel percorso di sviluppo. 

    Richiede, inoltre, che in fase di avvio del lavoro venga definito bene il senso ultimo che il manager vuole dare al proprio percorso di evoluzione.

    Occorre fare questo per  individuarne gli snodi cruciali su cui potrebbe attivare azioni di autosabotaggio.

    Gli snodi cruciali rappresentano gli elementi chiave su cui far emergere un primo livello di consapevolezza nel manager, rispetto a quelli che possono essere per lui degli ambiti di test della effettiva motivazione. 

    Ancor di più possono essere aspetti che permettono al manager stesso di far emergere eventuali convizioni limitanti rispetto ad agire comportamenti nuovi.

    Il business coaching ha come obiettivo ultimo quello di accompagnare il manager verso un miglioramento specifico.

    Serve a centrare il lavoro anche sulle convinzioni che si è sviluppato e che possono ostacolarci e rappresenta un passaggio chiave del percorso per realizzare concretamente il cambiamento desiderato.

    Si tratta di un viaggio con tante tappe che porta a costruire un percorso che si evolve e si trasforma grazie ai diversi apprendimenti che vengono sviluppati.

    È un viaggio che permette a chi lo fa di prendere consapevolezza degli aspetti umani e professionali che gli altri vedono in noi e che noi magari non realizziamo.

    Esplorare le convizioni per generare la trasformazione

    In questo viaggio è importante sicuramente lavorare sui comportamenti osservati ma ancor di più, e forse prima, è importante lavorare su livelli diversi, su quei livelli sottili che possono aiutare il manager a rilevare delle proprie caratteristiche profonde.

    Sono proprio queste caratteristiche che generano l’energia.

    Per questo motivo si lavora sulle convinzioni profonde che ognuno ha, per svelarle, riconoscerle ed entrarci dentro.

    Solo lavorando su livelli diversi si può sbloccare quel lato umano importante per avere un impatto sui risultati di business

    I risultati di business di fatto generati anche da atteggiamenti e comportamenti, spesso sfuggono alla consapevolezza di chi li attua.

    Per questo il business coaching è importante. 

    Aiuta proprio a fare questo: a disvelare, prima di tutto al manager, quali sono i livelli più sottili che impattano nel business.

    Connessione tra dimensione umana e tecnica

    Rendere visibile al manager queste dimensioni è la chiave di volta verso il cambiamento. 

    La trasformazione è un passaggio fluido che porta alla vetta più alta: quella che genera una trasformazione profonda.

    Il lato umano dei manager è stato per tanto tempo considerato non influente per la performance, anzi si è cercato di tenerlo fuori dalle aziende!

    Ma fortunatamente oggi grazie a numerosi studi abbiamo la possibilità di riconnettere le parti: quella umana emotiva e quella specialistica tecnica.

    Noi di Hermes abbiamo da sempre considerato questa prospettiva completa e su questo paradigma abbiamo lavorato con i nostri manager: non disgiungendo le parti ma connettendole nel loro valore.

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  • Progetto di formazione lavoro

    ACTION OUT OF THE BOX – Progetto di formazione lavoro per accrescere sinergie e collaborazione

    Da verticale ad orizzontale: cambiare le modalità di lavoro

    WOW!! Questo è stata l’esclamazione da parte del cliente ma anche e soprattutto da parte del suo team a conclusione di questo progetto di formazione e lavoro costruito con logiche e modalità distruptive per l’ambiente in cui è stato realizzato.

    Ed è stato proprio l’elemento distruptive che ha permesso di portare a casa il risultato che il cliente chiedeva.

    La sua richiesta era mirata: una trasformazione nelle logiche lavorative che portasse l’azienda a spostarsi da un modello fortemente verticale verso un modello più orizzontale.

    Alla base c’era la volontà di sviluppare logiche più cooperative volte a generare una importante sinergia nel sistema.

    La sfida è stata entusiasmante per il contesto in cui opera questa realtà e l’ambiente aziendale erano caratterizzati da personalità molto forti con qualche resistenza a mettere in discussione quello che stava di fatto comunque funzionando.

    Un ambiente sperimentale che destruttura le logiche quotidiane

    L’architettura di questo progetto di formazione e lavoro ha previsto la costruzione di un ambiente sperimentale.

    Si sono annullati i ruoli reali e le gerarchie ufficiali, agendo diversamente dal normale.

    Abbiamo coinvolto in maniera diversa più livelli aziendali per ingaggiarli fortemente verso modalità cooperative di funzionamento.

    Cosa abbiamo visto accadere nel progetto di formazione e lavoro:

    • tutti hanno giocato dei ruoli completamente diversi, una partita diversa, e hanno lavorato su temi diversi rispetto a quelli di loro presidio professionale
    • le stesse azioni progettuali riguardavano perimetri di contenuti completamente diversi da quelli che maneggiano quotidianamente
    • sono emerse una serie di caratteristiche, di potenzialità, che erano anche inespresse, quindi c’è stata la possibilità di far emergere tutte le risorse delle persone, al di là dei pregiudizi abituali e vederle agire
    • è aumentata la visione a 360° gradi del sistema azienda e le persone hanno implementato nuove competenze
    • il linguaggio del noi è fortemente cambiato, le persone si sono avvicinate, hanno capito cosa fanno, quali sono i mestieri, che cosa fanno i colleghi e come lo fanno. Si sono guardati veramente in un modo nuovo oltre, chiaramente, a portare a termine in maniera molto concreta dei progetti che erano strategici per l’organizzazione

    Portare le persone ad agire fuori dal proprio perimetro di riferimento ha permesso la sperimentazione concreta di uscire dalla confort zone.

    Ha generato un risultato eccezionale in termini di riorientamento di tutto il sistema verso una modalità operativa più singergica del quale siamo più che orgogliosi.

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