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  • Dal Codice alla Coscienza: Guidare l’IA verso un futuro senza Bias

    INTRODUZIONE

    In un’era in cui l’intelligenza artificiale (IA) non è più relegata ai confini della fantascienza, ma si manifesta in strumenti quotidiani come assistenti vocali, algoritmi di selezione e piattaforme di e-commerce, dobbiamo chiederci: chi beneficia realmente delle sue capacità?

    Sebbene l’IA prometta innovazioni rivoluzionarie, porta con sé anche il rischio di amplificare i pregiudizi sociali esistenti, inclusi quelli legati al genere e all’etnia. In questo articolo esploriamo i possibili sviluppi dell’IA verso un futuro più equo e inclusivo.

    BIAS: UNA DEFINIZIONE ESSENZIALE

    Prima di procedere ulteriormente, è importante definire il termine “bias”. Nel contesto dell’intelligenza artificiale, il “bias” si riferisce a pregiudizi non intenzionali che possono emergere dai dati usati per addestrare gli algoritmi. Questi pregiudizi possono causare comportamenti non equi o discriminatori da parte delle tecnologie basate sull’IA, spesso riflettendo disuguaglianze sociali preesistenti.

    L’ESSERE UMANO INFLUENZA LA MACCHINA

    L’IA, per quanto avanzata, non è immune all’errore umano. Essa apprende dai dati che noi forniamo e questi dati sono spesso intrisi delle disuguaglianze sociali che caratterizzano la nostra storia e cultura. I pregiudizi di genere, in particolare, sono un problema significativo. Ad esempio, i sistemi di riconoscimento facciale mostrano una precisione del 99% nel riconoscere volti maschili bianchi, ma questa percentuale scende drasticamente quando si tratta di volti femminili di altra etnia, con errori fino al 34% (MIT Media Lab).

    Questo problema si estende oltre la tecnologia di riconoscimento: negli algoritmi di reclutamento, se un sistema è addestrato con dati che riflettono una predominanza di uomini in ruoli di leadership, potrebbe sviluppare un bias verso i candidati maschili. È pertanto essenziale interrogarsi: stiamo permettendo che la nostra tecnologia rinforzi inconsciamente disparità secolari?

    Potremmo far fronte a questo possibile rischio integrando all’interno dei nostri algoritmi set di dati equilibrati e rappresentativi della diversità di genere, etnica e culturale.

    O anche, ad esempio, nel 2021, come oggi, le donne rappresentavano circa il 50% della popolazione mondiale, eppure solo il 22% risulta essere una professionista in IA a fronte della percentuale maschile del 78%. (Deloitte, 2021)

    Cosa significa?

    La bassa percentuale di donne nell’ambiente informatico influenza il modo in cui le IA vengono allenate, implementarne, dunque, la presenza promuovendo una maggiore inclusione nei team di sviluppo delle Intelligenze Artificiali aiuterebbe a mitigare i possibili bias legati al genere.

    Il tocco umano sulle IA non si limita solamente alla fase di input dei dati, ma è un processo continuo, che necessita di revisioni costanti e periodiche, effettuate da team interdisciplinari, che comprendano anche esperti di etica, di scienze sociali e tecnologia.

    Questi team sono cruciali per identificare e correggere bias non intenzionali, che possono sfuggire ai team di sviluppo più omogenei.

    È nella ricchezza dell’integrazione e dell’unione di prospettive differenti che possono essere coltivate correttezza etica ed efficacia pratica delle IA.

    Il perché non è per nulla banale: quando i sistemi sono testati e sviluppati da un gruppo diversificato di persone, le soluzioni risultanti sono maggiormente adatte a un’ampia gamma di applicazioni nella vita reale, includendo mondi a prima vista completamente diversi ma legati da un fattore umano comune.

    Conclusioni

    L’evoluzione dell’intelligenza artificiale (IA) offre immense possibilità di miglioramento della vita quotidiana, ma presenta anche significative sfide etiche. È importante che gli sviluppatori di IA affrontino proattivamente i bias di genere e altre forme di discriminazione.

    Attraverso l’adozione di un approccio inclusivo e responsabile, basato sulla diversità, l’educazione continua e una rigorosa supervisione, l’IA può essere guidata verso uno sviluppo che di cui beneficino equamente tutti i membri della società.  anche vero che la capacità di utilizzare bene questa tecnologia, di conoscerne i limiti e le possibilità, risiede nella coscienza umana. Sta a noi usufruire responsabilmente dell’IA, garantendo che i suoi sviluppi siano impiegati per promuovere equità e giustizia, al fine di evitare o amplificare le disparità esistenti.

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