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Il cambiamento aziendale ad alta intensità umana
- Mar 28, 2023
- By Hermes
- In Leadership e Saggezza, Non categorizzato, purpose e strategia, sostenibilità, Sviluppo Potenziale
Essere attori di un cambiamento in azienda non può prescindere dal comprendere le dimensioni più profonde che lo riguardano. Di fronte a un cambiamento non si può improvvisare. Piuttosto, è necessario parlare delle persone che lo realizzano attivamente, dei loro bisogni, della loro anima, della loro esperienza soggettiva, da inquadrare all’interno dell’ecosistema che li accoglie.
Possiamo leggere il cambiamento come un prisma che si origina da più dimensioni integrate tra di loro.
Hermes: il messaggero del cambiamento aziendale
Il cambiamento è per l’umanità una storia millenaria. È da sempre una nostra attitudine, che ci rende umani e vivi in quanto tali. Ha sempre avuto un’alta risonanza in noi.
Fin dall’antichità, la filosofia di Eraclito ci ha insegnato che “tutto si muove e nulla sta fermo“. Ogni cosa, anche la più statica, se guardata da più lontano, può essere letta come in divenire continuo, che sia veloce o che sia lento.
Hermes, per gli antichi greci era facilitatore di passaggio, scambio e transito. S’incarnava nel concetto di passaggio da un luogo all’altro, da una condizione all’altra. La sua natura aveva a che fare col mutamento delle vicissitudini umane, con lo scambio di informazioni e di beni commerciali. Era il dio che rappresentava la comunicazione, la velocità, l’agilità e la capacità di adattamento.
Tutte qualità, queste, che possono essere applicate anche nel contesto aziendale di oggi. Hermes può simboleggiare il cambiamento all’interno dei sistemi organizzativi, poiché incarna la capacità di gestire una trasformazione in modo rapido ed efficace, di comunicare con chiarezza e trasparenza con le persone coinvolte nel processo e di adattarsi alle nuove esigenze e sfide del mercato.
Come Hermes portava agli uomini le parole e volontà degli dèi, così il cambiamento in azienda richiede un messaggero che sia in grado di comunicare efficacemente i nuovi obiettivi, le nuove sfide e strategie per il futuro a tutti gli attori coinvolti, aiutando l’azienda a navigare con successo e portando con sé un messaggio di fiducia e di speranza.
Il cambiamento in azienda: un viaggio di rinascita da affrontare a tappe
Tuttavia, essere al corrente della dimensione mitologica del cambiamento non è abbastanza per poter essere agenti attivi del cambiamento all’interno di un’organizzazione. Oggi, in un contesto costellato da incertezza e complessità, ci chiediamo come poter essere realmente fautori di un cambiamento. Per farlo serve una metodologia. Come scrisse diversi anni fa Kurt Lewin, uno dei padri della psicologia sociale e del lavoro, le organizzazioni, proprio come organismi biologici, si adattano all’ambiente, raggiungono un equilibrio, un omeostasi, così da opporsi naturalmente a qualsiasi perturbazione possa sconvolgerli.
Il cambiamento, perciò, non può mai avvenire in maniera rapida, come quando si accende o si spegne una lampadina. Per renderlo parte integrante dell’organizzazione e solidificare un nuovo paradigma è importante percorrere un processo a tappe.
Anzitutto, dobbiamo scongelarci dall’inverno di un paradigma precedente che sentiamo stretto e appartenente a un passato, ma che al contempo ci rappresenta e ci fa sentire sicuri. È necessario decidere di cambiare norme e strutture, generare una motivazione diffusa all’interno dell’azienda volta a spostare il proprio baricentro, a rinunciare a qualcosa di facile e abitudinario che riesce bene fare.
Secondariamente, il percorso di cambiamento viene studiato, realizzato e infine intrapreso, con una strategia chiara e una guida che alimenti quotidianamente la fiducia delle persone così da fare in modo che il nuovo processo si consolidi e diventi un’abitudine, al pari della precedente.
Come una farfalla che esce dal suo bozzolo e si trasforma da bruco a essere alato, l’azienda che affronta il cambiamento deve essere pronta ad abbandonare le vecchie abitudini e a trasformarsi in qualcosa di nuovo e migliore. La trasformazione di una farfalla richiede tempo, impegno e pazienza. In modo simile, il cambiamento in azienda richiede un processo graduale di adattamento, in cui l’organizzazione deve sperimentare nuove idee, nuove strategie e nuovi modi di fare le cose. In entrambi i casi, la trasformazione può essere dolorosa e difficile, ma alla fine porta a una nuova forma di vita, più bella e più forte di quella precedente.
Il faro verso cui tendere è situato sempre nello scopo, in un Purpose condiviso dalle persone che popolano le organizzazioni. La magnitudo, la dimensione economica del cambiamento, i ruoli degli attori, le fasi, gli ostacoli e le conseguenze di una trasformazione sono da presidiare costantemente. Kurt Lewin, in tal senso, ci indica come la gestione del cambiamento debba avvenire attraverso un viaggio, un processo a fasi che possa sfociare in nuove prospettive per le Risorse Umane. Queste, infatti, possono facilitare tra le persone un aumento di consapevolezza relativa al cambiamento e stimolare una comunicazione bidirezionale tra la popolazione in azienda e la direzione, cercando di rafforzarne la fiducia reciproca.
L’uomo al centro del cambiamento in azienda
La corretta gestione del cambiamento in azienda necessita che le fasi di questo viaggio siano ben pianificate, che gli attori comunichino in modo trasparente tra loro e soprattutto che le azioni siano people-centred, ovvero che il focus primario siano le persone e il modo in cui il cambiamento può impattare su di loro.
Da un punto di vista biologico, l’azienda può essere vista come un organismo vivente, un sistema cellulare fatto di interconnessioni.
Come una molecola che subisce una reazione chimica, il cambiamento può provocare una serie di effetti sulle persone. È dunque primario comprendere motivazioni, ragioni e storie personali di quanti vengono coinvolti all’interno dei processi di cambiamento. Mettersi nei panni dell’altro è vitale per permettere di creare un senso di co-empatia ed evolvere all’interno di una dimensione di ascolto proattivo, così da comprendere quanto più possibile il modo in cui gli altri percepiscono il mondo.
Nessuno cambia da solo. Il valore del cambiamento si esprime in tutta la sua forza nella capacità di connettersi con l’altro, percependone emozioni e pensieri, comprendendone i sentimenti ma al contempo mantenendo distinti i nostri.
In questo viaggio, le persone che popolano l’azienda co-costruiscono un percorso trasformativo e si adoperano affinché tutti insieme raggiungano il cambiamento che s’intende realizzare. Ognuno di noi è parte integrante di questo processo.
Siamo davanti a una trasformazione culturale, a un nuovo umanesimo che pone le persone al centro del cambiamento.
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Start with why
- Nov 15, 2022
- By Hermes
- In purpose e strategia
Esistono le aziende “Disneyane?”, dove il contributo di ognuno è frutto di passioni e credo condivisi?
Secondo Simon Sinek esistono, sono quelle che creano la loro cultura e definiscono la propria attività partendo dai perché.
Sappiamo perché facciamo quello che facciamo? Sappiamo perché la nostra azienda lavora a quello a cui sta lavorando?
MA PERCHÉ?
Perché è stato proprio Martin Luter King a creare il movimento per i diritti civili? Non era l’unico uomo che ha sofferto l’America della segregazione razziale e non era neanche il migliore oratore tra tutti.
Perché lui allora?
Perché i fratelli Wright sono stati in grado di rendere gli esseri umani capaci di volare? Come mai proprio loro hanno creato l’aeromobile, se altri con più qualifiche e con più denaro, non ci sono riusciti?
C’è qualcos’altro che gioca un ruolo fondamentale, qualcosa che non c’entra con le risorse fisiche e tangibili che abbiamo a disposizione.
3-4 anni fa Simon ha fatto una scoperta, che ha cambiato la sua visione di come funziona il mondo e di come agire al meglio.
C’è un pattern, rintracciabile in tutti i grandi leader e in tutte le aziende che ispirano il mondo. Loro pensano, agiscono, comunicano, nello stesso modo, molto diverso da tutti gli altri. Tutto quello che ha fatto Simon è stato codificarlo. In un cerchio dorato
THE GOLDEN CIRCLE DEL SISTEMA CERVELLO
Credit: Simon Simek. The Golden Circle Questo cerchio spiega perché i grandi leader sono abili a ispirare gli altri.
Tutte le persone, nelle organizzazioni, conoscono quello che fanno ogni giorno: Il 100% è informato. Pochissimi conoscono il perché, e non è mai “generare profitto” il motivo per cui un business ha vita, il profitto non è che un risultato.
Perché l’organizzazione esiste? Da quale proposito è nata?
Le organizzazioni più longeve hanno sempre chiara la risposta, indipendentemente dalla loro estensione e dal loro tipo di attività, lo trasmettono agli utenti e alle loro persone.
Tutti gli altri si raccontano partendo dal loro servizio offerto, perché è tangibile ed evidente sempre ai loro occhi.
Rispondere con un servizio ai bisogni di un’utente non è sufficiente.
L’ aspirazione migliore, e più strategica, è fare business con persone che credono in quello in cui crede l’azienda. Questo è l’unico vero garante di stabilità.
UNA QUESTIONE DI BIOLOGIA DEL SISTEMA CERVELLO:
Le persone non comprano quello che fai, comprano perché lo fai
E questa scoperta non è una semplice assunzione, non è neanche frutto di esperimenti di psicologia. È biologia.
Il cervello umano può essere schematizzato in tre parti
- Neocorteccia
- Cervello limbico
- Cervello rettile
La neocorteccia corrisponde al livello del COSA. È quella deputata al linguaggio e al pensiero razionale e analitico. Le ricerche confermano che in tutte le maratone arriva sempre per ultima.
Il sistema limbico è responsabile delle emozioni, e di gran parte del decision making, sta a metà del cerchio (HOW). Dà forma ai nostri sentimenti ed è profondamente collegato alla parte più profonda e primitiva del nostro cervello, quella rettile.
Lei taglia subito il traguardo della corsa.
Il cervello rettile risponde direttamente della nostra sopravvivenza, cerca ragioni istintivamente, per capire se può fidarsi o non fidarsi dell’altro (WHY),
La fiducia e la lealtà, i comportamenti, le decisioni, non hanno grande spazio per le parole e prescindono dal controllo di tutte le informazioni di dettaglio, perché nascono tutte dal centro di questo cerchio.
Da fuori a dentro: dal COSA al PERCHÈ Quando comunichiamo da fuori a dentro le persone possono capire una serie di informazioni dettagliate e complesse, che riguardano benefici, qualità, fatti, figure, ma questo non è un driver del comportamento abbastanza potente.
Da dentro a fuori: dal PERCHÈ al COSA Quando invece comunichiamo da dentro il cerchio verso fuori, parliamo direttamente alle parti del cervello che sono responsabili dell’avvicinamento o dell’allontanamento, dei comportamenti più istintivi, che poi le persone razionalizzano con le informazioni aggiuntive e tangibili nel “WHAT”.
Questo è il sistema con cui vengono prese le decisioni dalla maggior parte delle persone.
“L’homo economicus”, logico e razionale, non esiste, ormai lo sappiamo da diversi anni.
Tutte le informazioni del mondo non alimentano l’avvicinamento. Gli interlocutori potrebbero comunque dire: “conosco tutti i fatti e i dettagli, ma comunque non mi sembra il servizio giusto per me, non sono convinto.”
Perché questa sensazione?
Perché la parte che controlla davvero le decisioni non controlla, né conosce il linguaggio del dettaglio. Tutte le decisioni di “cuore”, di “pancia”, avvengono al livello del centro di questo cerchio. Le informazioni sul “Cosa” poi sono un acceleratore finale.
Nel cuore della decisione Il traguardo che bisogna porsi di raggiungere non è avere persone che vogliono quello che abbiamo, ma persone che credono in quello che crediamo.
SISTEMA CERVELLO: UNA QUESTIONE DI COMMITMENT
Lo stesso ragionamento può essere fatto quando si seleziona il personale, o si costruisce qualsiasi team. Il punto non è solo scegliere le persone che sanno fare bene un lavoro, ma trovare chi scelga di farlo perché crede in quello in cui crede l’azienda.
Se recluti persone solo per quel che sanno fare, lavoreranno per lo stipendio. Se le selezioni perché credono in quello in cui credi lavoreranno con passione.
La perfetta esemplificazione di questo è nella storia dei fratelli Wright.
Siamo nel 20° secolo, di fronte a uno degli imprenditori più promettenti all’epoca. Ha appena ricevuto 50.000 dollari dal dipartimento di guerra per sviluppare un dispositivo che consenta all’uomo di volare ed è stato scelto per la sua incredibile formazione ad Harvard. Così ha assunto le migliori menti ha creato la sua squadra. Le condizioni di mercato erano ottime. Il New York Times lo seguiva per documentare ogni scoperta. Tutti facevano il tifo per lui.
Eppure come mai non ne abbiamo mai sentito parlare?
Molte centinaia di miglia più lontano…
In Dayton Ohio, Orville e Wilbur Wright non avevano nulla che potesse essere definito come ricetta per il successo, né grandi fondi, né menti brillanti, fresche di College. Pagavano i loro progetti con il ricavato di un negozio di biciclette.
Orville e Wright erano guidati da un credo potente: se fossero riusciti a ideare e progettare questa macchina volante, la macchina avrebbe cambiato il corso del mondo. Il favorito del New York Times, invece, voleva diventare ricco e famoso ma l’obiettivo non aveva per lui un significato più profondo di questo.
Il team dei Wright lavorava ininterrottamente, con passione, e con tutte le forze. La squadra avversaria lavorava giusto per la generosa busta paga.
17 dicembre 1903, i fratelli hanno preso il volo e il mondo lo ha saputo solo alcuni giorni dopo.
I BELIVE IN
Nell’estate 1963, 250.000 persone sono andate nello stesso posto per ascoltare Martin Luter King parlare, senza un invito scritto.
Il Dr. King non era l’unico uomo in America ad essere un grande oratore. Ma aveva un dono. Non è andato in giro a raccontare alle persone di cosa c’era bisogno per cambiare l’America: lui ha raccontato alle persone in COSA LUI CREDEVA.
“Io credo, io credo, io credo” e anche le persone ci credevano. Le persone hanno preso la sua causa, l’hanno resa la loro e hanno trasmesso, ad altre persone, la stessa cosa.
Quante delle 250.000 persone davanti a lui erano lì per lui? ZERO. Erano lì per essere testimoni di ciò che credevano per la loro America.
King disse: “I have a dream”. Non disse “I have a plan”.
Per Simon chi guida davvero, ispira
Seguiamo chi guida, non perché dobbiamo, ma perché lo vogliamo.
NOI SEGUIAMO CHI GUIDA, NON PER LORO, MA PER NOI STESSI.
Sono quelli che iniziano con il perché.